Quando termina gli studi artistici nella metà degli anni settanta, Pierluigi Cattaneo continua a dedicarsi alla pittura, anche se sotterraneamente è attratto, e la pratica, dalla scultura, come aveva fatto, più o meno consapevolmente, negli anni della frequenza scolastica. Gli anni settanta sono la stagione formativa del giovane gardonese, collocata in un periodo di radicali trasformazioni delle vicende espressive: carattere dominante è la ricerca concettuale, in cui la dichiarata derivazione duchampiana tende a privilegiare l’uso dell’oggetto, non importa se industriale o naturale, nei confronti delle tecniche “tradizionali”. Nonostante la dominante costituita da installazioni, caratterizzate dalla presenza di oggetti recuperati e trasformati, e da elaborazioni concettuali, opere difficilmente riconducibili alle tecniche della tradizione espressiva, sopravvive anche la pittura, in forme radicali, come nel caso di alcune esperienze astratte che tendono a far rimarcare i limiti, culturali e materiali, della stessa tecnica pittorica, per cui l’attività artistica è un “mestiere” che pone in risalto, nella stessa opera, le sue procedure; si mantiene anche con modalità evocative, in quelle terminazioni neo-figurative che non hanno in Italia la forza dirompente di un Francis Bacon o di un Horst Janssen, o la magia verosimile di un Lopez Garcia, modalità che tuttavia mantengono vivo il “mestiere” come attività che coniuga e declina, costantemente, l’esigenza evocativo-narrativa con quella espressiva.
Ed è probabile che Pier –così già si chiama, per gli amici, dagli anni della scuola- guardi a queste esperienze, che in sede locale hanno più di una voce e di un riflesso; in una certa misura sono le voci e gli accenti che hanno nella nostra provincia il miglior seguito di appassionati e la miglior fortuna critica.
Non appare inutile ricordare, che gli ultimi anni formativi di Cattaneo coincidono con l’avvio di quel periodo che la storia indica come quello della “strategia della tensione”: oscure manovre si sono consumate in una stagione in cui l’Europa appare ancora divisa drammaticamente tra Est e Ovest. La tensione angosciosa che appare come carattere tipico della cultura visiva negli anni settanta-ottanta diviene comprensibile se l’opera si colloca, giustamente, nel momento storico in cui è nata, essendo l’opera sempre una risposta individuale ai problemi, alle inquietudini, alle speranze e ai sogni del singolo, immerso nel mare pieno di correnti e di riflussi della storia.
Il giovane artista tende inizialmente a reagire alle vicende (o alla quotidiana cronaca dei lutti) dei tempi: dipinge paesaggi, specialmente paesaggi di piccoli borghi urbani, inseriti in contesti agresti. La pittura dichiara dunque una matrice ambientale: partendo dalla realtà della “sua” Valle (la Val Trompia industriale e ricca di fabbriche e produzioni), Cattaneo tenta “poeticamente” di uscirne attraverso immagini più serene, meno attraversate dalle problematiche legate ai ritmi produttivi.
Il lavoro primario scelto dall’artista (non dunque l’arte, un mestiere “a perdere” nell’ottica corrente, o da lasciare alle fanciulle), viene muovendosi in una direzione consona alla Valle: è la “saggezza” e il “buon senso” di una terra che riconosce solo al lavoro tradizionale quella dignità, che non riesce a vedere nell’arte.
Il lungo fare artistico di Cattaneo, la lenta linea che ne definisce gli ambiti e gli sbocchi, si comprende anche all’interno di questa scelta d’esistenza; solo oggi, a 50 anni, Cattaneo può pensare all’arte come attività primaria, può pensare alla scelta artistica come decisiva per la sua storia: e questo catalogo-monografia ne è la verifica.
Inizialmente, il suo percorso artistico appare di necessità scandito da ritmi “esterni” che ne condizionano l’attività, e sono i tempi del lavoro vero e proprio (un’attività in campo finanziario), ma anche i tempi personali di crescita (è un lettore, Cattaneo, un amante di letteratura: e a ben guardare, nelle sue opere rimane sempre sotteso e sotterraneo un percorso discorsivo, che ne controlla gli slanci e li contiene). Lo spazio da dedicare all’arte è inizialmente contenuto, vissuto all’interno di gruppi, come quello legato al nome del nostro grande pittore rinascimentale, il Moretto, cui l’artista rimane associato almeno fino alla metà degli anni ottanta; con il gruppo tiene una mostra, accompagnata da un pieghevole con un testo di Luciano Spiazzi.
Da questo pieghevole dobbiamo partire; la preistoria artistica di Cattaneo risulta infatti, andando più indietro rispetto a questo pieghevole, poco leggibile. Le condizioni esterne cui abbiamo fatto cenno rimangono nel tempo come costante del suo cammino: poche le mostre personali, limitati i contributi critici, contenuta la conservazione di immagini che consentano la ricostruzione di un cammino complesso.
Cattaneo ha ormai superato oggi il quarto di secolo di attività e in una certa misura, questo catalogo vuole costituire un primo punto fermo sulla sua opera, una sorta di “punto e a capo” di cui conosciamo l’incipit, il prima, ma non possiamo che intuire, travisandolo probabilmente, il percorso successivo.
La sua poetica iniziale, che si manifesta attraverso le prime ricerche in pittura, si sviluppa affrontando tematiche connesse al rapporto città-campagna. Luciano Spiazzi, che è stato un puntuale e attento interprete della pittura bresciana (che ha conosciuto a fondo come pochi), parla, nel pieghevole del 1984, di un nucleo originario tutto costruito sul “rapporto verde case strade fabbriche cieli montagne”, argomento che “corre più o meno palesemente in tutta la produzione di Cattaneo”.
Il disagio dei tempi, il disagio generazionale, anche anagrafico di cui Cattaneo si fa portatore, si esprimono attraverso soggetti e rappresentazioni in cui il confronto città-campagna si risolve in un superamento dei ritmi agricoli e in un (probabile) travisamento dei ritmi di vita dell’uomo. Un’opera, tra pittura e scultura, riprodotta in pieghevole, reca come titolo (letterario) Tra presente e futuro emerge netto il passato: costruita su piani metallici, di natura industriale, che fuoriescono dal fondo dell’opera, l’opera pone al centro un paesaggio montano. Sono quattro case e un campanile, costruite alla maniera di un Gentilini. Nella semplificazione espressiva, il nucleo narrativo dell’opera documenta un passato da ritrovare, in mezzo alle condizioni accelerate di una civiltà industriale, letta in una delle Valli più produttive della nostra Lombardia.
I paesaggi di Cattaneo si collegano visivamente e stilisticamente ad una tipologia di immagini semplificata, ai limiti della naiveté; quasi che l’artista, nell’evoluzione in atto della pittura ormai dominata dal concettuale, volesse ripartire da zero, riportare la pittura ad un primitivismo infantile, ad un grado zero della parola, in cui la lingua possa ancora avere un senso. Per questo, anche nel mutare dei modi, a volte delle tecniche, il pittore usa colori pastello, tonalità chiare, superfici piatte, e un disegno schematico, ridotto alle strutture essenziali; anche la pennellata, in linea con la struttura dipinta, si distende in campiture omogenee, senza sbavature o grumi materici. Sono le modalità che consentono al giovane di uscire dal naturalismo giovanile, da quel “talento” che lo aveva spinto alla scuola d’arte, in cui ha sperimentato (esistono frammenti scarsi, ma sufficienti a leggerne la vicenda espressiva) i vari approcci con la pittura. Il paese delle sue raffigurazioni si direbbe sempre lo stesso, quello che in sintesi simboleggia tutti i borghi della Valle, il loro essere arroccati su un pendio, le case strette attorno alla chiesa, come se le case fossero persone alla ricerca di un punto d’appoggio. Sono le condizioni che chiariscono forse il bisogno letterario che subito si manifesta, quasi che a Cattaneo non bastassero i sostegni della forma, ma cercasse nella vicenda culturale, nella letteratura appunto, il supporto concettuale al proprio procedere espressivo.
Attorno al giro di boa della fine degli anni settanta, si assiste allo spostamento d’accento dell’artista gardonese. Sulle superfici dei quadri cominciano ad apparire forme aggettanti: lo coglie e lo sottolinea Spiazzi, il cui breve testo funge da sotterraneo sostegno alla nostra interpretazione, sostegno essenziale in una fase artistica in cui scarni sono, come si diceva, i documenti testuali. “L’opera, afferma il critico bresciano, si stacca dalla parete, prova ad entrare nello spazio stesso che ci circonda”.
Cattaneo è sempre stato attratto dalla scultura -lo si ricordava in apertura-; l’ha sempre praticata a fianco della pittura, come attività formativa, anche se inizialmente non utilizza la scultura, la creta, come materiale per le proprie composizioni.
Attorno alla fine del decennio settanta e all’inizio del decennio ottanta, “i campi, le strade, le forme si rilevano intorno al centro dell’opera (…) Il borgo è visto come da un oblò, è dentro le strutture”. La contaminazione tra pittura e scultura avviene dunque per meglio caratterizzare quel nucleo contenutistico che si è evidenziato e indicato. Le componenti (industriali?) avanzano verso lo spazio fisico del lettore, le strutture geometriche (rettangoli, figure quadrate) fuoriescono dalla superficie e rappresentano la modernità urbana, simbolicamente assumono il valore, “bello” ma freddo, di un mondo che viene evolvendo in dimensioni sempre più “disumanizzate”, espresse con figure sempre più levigate ma non per questo meno alienate. Il borgo, il cuore segreto e profondo delle immagini narrative e delle riflessioni affettuose di Cattaneo, è, al contrario, la vita che ancor palpita e ha una sua umanissima ragion d’essere: è la coralità degli uomini che si rinserrano, quasi a salvaguardia di un’umanità sull’orlo del precipizio.
Come sempre accade nelle evoluzioni artistiche, le scelte innovative portano in campo nuove tensioni e nuove attitudini. Inizialmente, all’inizio degli anni ottanta, la dimensione plastica di Cattaneo sembra non uscire dagli schemi precedenti. Si tratta di bassorilievi, di “intrusioni” con differenti materiali (legno soprattutto) in cui si instaura un dialogo tra l’immagine di sfondo (è ancora pittura) e i segni che vengono verso il lettore, a volte ritmi espressivi, in una certa misura dolci, a volte punte e aculei con un che di aggressivo.
Il discorso sul rapporto città-campagna, il percorso tra uomo autentico e uomo civilizzato e travolto dai ritmi sempre più parossistici della società rimane fondamentale nell’opera di Cattaneo. Anzi, i tempi nuovi, quelli del “rampantismo”, non fanno che accelerare il bisogno di umanità che l’artista viene esprimendo, forse in forme non compiute, o non compiutamente consapevoli. Le figure semplificate, una sostanziale perdita di figurazione a tutto vantaggio di strutture semplicemente geometriche, astratte, appaiono, in poche opere cariche di futuro, come il carattere peculiare della fase centrale nell’evoluzione dell’artista gardonese, fase che oscilla proprio attorno al 1980, al volgere del decennio.
E’ la ricerca che Spiazzi ha letto nella mostra del gruppo “Moretto”: non esposte probabilmente nella mostra del 1984, cominciano a comparire forme a tutto tondo, attraverso un itinerario che corre sovente in parallelo, quasi che l’artista non voglia scegliere, immediatamente, tra le sculture a tutto tondo, già realizzate attorno al 1983, e la precedente modalità espressiva, nata sulla pittura per quinte e piani sovrapposti, per incastri e sovrapposizioni di piani, da quelli lisci dei materiali sporgenti, a quelli rugosi, come di intonaco “a-fresco”, per le immagini di sfondo. Siamo nel 1983/1984, e Cattaneo lascia emergere la scultura, la vicenda plastica, in breve luogo peculiare della individuale vicenda poetica: opere come Adolescente (1985) in legno di cipresso, o come Riposo (1983) in legno di cirmolo, portano in campo nuove riflessioni. Sono sculture lignee levigate; Cattaneo non lascia intravedere il lavoro di sgorbia e di scalpello; alla fine, l’opera deve apparire in una sua purezza. E’ una scelta che appare in linea con le precedenti vicende pittoriche e caratterizza, sostanzialmente, tutto il suo percorso plastico. Tutte le opere di scultura hanno ad un tempo un che di morbido, liscio nella superficie, e un che di spigoloso (una memoria mooriana) nella struttura: l’antica contraddizione, mutata la rappresentazione, permane probabilmente inalterata.
In questa innovazione, strutturale e compositiva ad un tempo, rimangono echi di un passato letterario da cui Cattaneo sembra non voler uscire: Uomo genera uomo, per esempio, o Lotta per la sopravvivenza, per citare due titoli di sculture lignee, datate 1983.
La nuova espressione artistica sembra contraddire il precedente cammino; estranea alle tensioni culturali, che abbiamo individuato nel rapporto campagna-città, o nel rapporto tra ritmi naturali e ritmi artificiali del vivere, la scultura del gardonese porta in campo un aspetto prima sottaciuto, una componente emotiva che la pittura non lasciava compiutamente apparire, una “sorgiva felicità”, come scrive Giorgio Seveso nel 1990. Il critico milanese è l’attento interprete della nuova tendenza plastica, che legge attraverso “un loro fascino tutto formale”, opere “così dense e sovrabbondanti” caratterizzate da una tattile “seduzione”.
La nuova poetica di Cattaneo, l’energia plastica riemersa improvvisamente convivono con la precedente modalità di costruire immagini che si manifesta sostanzialmente “in piano”, non conclusa e non irrigidita in figure statiche. Non è solo un nuovo percorso estetico; è innanzi tutto un nuovo percorso culturale. Il legno con le sue straordinarie venature, il lento muoversi della forma che viene ad assumere in Cattaneo un andamento lineare e tondeggiante, come se l’opera tendesse sempre ad una forma conchiusa, idealmente raffigurata dall’ovale originario, sono i nuovi termini espressivi. Ormai non più solo pittore, ma scultore, Cattaneo approda ad un mondo poetico del tutto rinnovato. La sostanza della nuova ricerca è costituita dall’organico, dalla forma che racchiude la vita; le modalità espressive sono racchiuse in questa flessuosa manifestazione delle figure, sintetiche, essenziali. Nel loro proporsi, nella verticalità delle figure, le nuove immagini di Cattaneo tendono a far convivere sia la forza espressiva della materia utilizzata (il legno), sia la dolcezza tattile della levigatura, sia la cercata disarmonia di protuberanze e sporgenze, anfratti e cavità, che costituiscono l’aspetto inquieto, la sottolineatura del persistere di una sostanziale contraddizione.
Si allontana in questo modo dai percorsi che ne hanno segnato il primo cammino, per addentrarsi in una nuova foresta di simboli, in una rinnovata “fisicità genitale” (dice Sergio Gianani nel 1991): l’ideale archetipo cui punta la forma di Cattaneo è l’uovo, la culla originaria di tutte le forme organiche.
La scultura diviene plasticamente più rigorosa; nel corso degli anni, anche se il cammino è accidentato, costruito su pause e interruzioni dovute in parte alla professione, in parte alla nuova assunzione organizzativa che Cattaneo si dà attraverso l’Associazione Culturale LuPier, che a Inzino di Gardone ospita questa antologica.
Le figure di Cattaneo, nate come forme conchiuse, tendenti all’ovale, vengono sempre più verticalizzandosi. Il paesaggio viene sostituito dalla figura umana, che diviene rappresentazione dominante: sono personaggi che si innalzano in una sintesi che ad un tempo rinvia alla figura antropomorfa e al bisogno di svettare. Permangono il riflesso del legno, il gioco degli intarsi, le venature a dare sostanza alla narrazione, a confermare una evocazione emotiva; c’è soprattutto la tensione verso l’alto che dà alle sue immagini la forma che sta a metà strada tra l’uomo e l’uccello. Cattaneo conferma le premesse giovanili, pur nel mutato clima, nella raggiunta maturità: la riflessione cade sull’uomo, gli eventi privati (Maternità, 1979, per esempio) entrano in dialogo con la storia e con la quotidianità della vita.
Tutto il decennio novanta pare costituire una sorta di rallentamento sulle acquisizioni raggiunte. Solo verso la fine del decennio, negli ultimi quattro, cinque anni, Cattaneo trova la forza per ritornare al suo mondo in forme nuove: la scultura si articola nello spazio, dotandosi di supporti; la figura perde il significato tattile del legno, ma subisce accelerazioni espressive utilizzando le cromie. Anche il percorso che rinvia alla pittura, il bassorilievo ottenuto per sovrapposizioni, riprende vita.
La scultura si fa più complessa, attraverso opere come L’attesa (1998-99); Cattaneo si dimostra più attento lettore (e interprete) di una realtà culturale più ampia, che non esita ad affrontare tematiche di natura religiosa, da affiancare alla riflessione sulla quotidianità (Maria, 1996).
La nuova evoluzione si realizza non tanto nella forma plastica, ma attraverso l’assunzione di nuovi materiali, dalla resina al bronzo, e soprattutto dalla contaminazione nella medesima opera di materiali diversi: Cattaneo cerca l’opera polimaterica (Attesa, 2003, ferro e resine dipinte). L’opera, in questa nuova situazione espressiva, assume sovente una dimensione che sta a metà strada tra la figura di tradizione e l’installazione: Cattaneo è forse attratto dall’installazione, ma rimane troppo ancorato al piacere di plasmare la materia, per uscirne definitivamente; per questo assume come riferimento espressivo nuove figure e amplifica il rapporto dell’opera con lo spazio in cui viene collocata.
Il mondo agricolo che si misura sui ritmi industriali e ne rimane in una certa misura schiacciato, oggetto e luogo da recuperare in vitro, sparisce dalla sua proposta figurativa, come momento lontano. Al suo posto assume una valenza basilare la presenza di figure umane, intese nella loro essenza organica: pur nel persistere delle interne contraddizioni, già segnalate, lo spazio poetico dell’uomo trova nella figura l’unica risposta possibile.
Nascono in questa fase le sue sculture più significative (Figura femminile, 1995 e 1999, per esempio), attraverso le quali l’artista può esprimere il suo bisogno di un richiamo alla vitalità organica, che è la vita stessa (Amore materno, 2002). Le forme esteriori che la esprimono, i rapporti con le cose e le strutture che sembrano fermare e dialogare con la figura (ancora una Attesa, 2002, va segnalata: e la sottolineatura iterata del titolo porta a considerare una nuova attenzione dell’artista), ritrovano quel legame tra uomo e natura che forse inconsapevolmente Cattaneo aveva cercato fin dall’origine. Non a caso, in questa dimensione di ricerca aperta, va collocata una scultura (ancora in ferro e resine, 2002) come Proibito, in cui il personaggio che si specchia appare dimensionato attraverso una rigorosa bidimensionalità.
La relazione campagna-città diviene ora quella di uomo-natura: ma l’uomo è lo scultore, con la sua felicità tattile e la natura è il legno con la sua fisicità fuori dagli orpelli. In questo aggiornamento della sua sintassi plastica, Cattaneo viene sperimentando resine e legni colorati; rimane sostanziale quel rapporto che si è individuato da subito come essenziale nel suo percorso poetico.
Anche le opere in piano (mai abbandonate) subiscono una accelerazione (si pensi ad un’opera come Fiore, 2001): il valore “teatrale” dell’immagine viene ribadito, non mancano gli abbandoni, non manca nemmeno, pur nel manifesto, mantenuto racconto, un richiamo ai teatrini di Fontana: di certo la nuova immagine di Cattaneo sembra meglio assorbire il fascino che viene dalle figure nuove che agitano la contemporaneità. Non più teso ad evidenziare un rapporto superato dagli eventi (città-campagna), lascia che le immagini affiorino dalla memoria, unico filtro che consente all’icona di ergersi a misura, senza nemmeno preoccuparsi –ormai non più- di quel bisogno di narrare che gli viene dalla letteratura, quel bisogno di parlare per simboli che non lesina il ricorso alla scansione della decorazione astratta, in cui l’opera non è nient’altro che l’esito di una complessa rete di equilibri che l’artista instaura nel campo dell’iconografia: si pensi, per esempio, all’Omaggio a Piero, datato 1992, ridotta ad un puro equilibrio geometrico, o si pensi, per contro, ad un’opera, come la recentissima “scultura in piano”, Attraversamento, 2003: sono sculture costruite tra memoria e cultura, i filtri che Cattaneo pone in essere per rapportarsi e dialogare con la molteplice quantità di immagini pubblicitarie, fotografiche, virtuali, che invadono il contesto visivo di ognuno di noi.
Brescia, agosto 2003
From a pictorial stroke to a plastic shape: Pier Cattaneo’s artistic course
When he finished his artistic studies, in the middle of the 70s, Pierluigi Cattaneo devoted himself to painting although attracted by sculpture.
Throughout the seventies young Pier lives his formative season, a period of deep artistic changes. The prevailing feature is his conceptual research; his Duchamp’s basis makes him choose either industrial or natural “things”, recovered , transformed and inserted into “installations”.
Paintings assume abstract shapes and also maintain evocative modes in some neo-figurative images, which, in Italy, lack either Francis Bacon’s or Horst Janssen’s strength and Lopez Garcia’s magics. These modes keep his”calling” alive matching evocative -narrative needs with the expressive practice.
Cattaneo’s culture sprouts from the anxious tension which spread in all visual arts in the 70s and 80s. A work of art is always the individual answer to the problems, anxieties, dreams of a person plunged in the course of history.
As a young artist Pier reacts to the mourning of his time painting small hamlets in rural landscapes. Starting from his industrial valley, he poetically tries to take off painting peaceful images not crossed by factory rhythms.
His long artistic activity is like “a calling” grounded on “ a worker’s wiseness” . Only at the age of 50, Cattaneo can think of his art as a primary activity. Crucial for his personal story is a catalogue, a check of it.
At first his artistic course is beat out by external rhythms: his working hours, his job in the financial field, also his growing rhythms (he reads lots of literature).
The time he devotes to his art is lived inside the “Moretto” group up to the 80s With this group he has an exhibition expounded by a leaflet of Luciano Spiazzi in 1984. After 25 years that catalogue is to be considered a milestone in his artistic course. One of his works, halfway between a sculpture and a painting, is entitled “The Past emerges between Present and Future”. This work is built on wood surfaces jutting from the background , a mountain in the middle of a scenary , few houses, a belfry (after Gentilini’s manner). The narrative core of this work witnesses a recovered past within the industrial speedy conditions of the most productive valley in Lombardy.
Cattaneo’s landscapes are on the border of ‘naiveté’, as if the artist would be starting anew from a childlike primitivism, from the world’s ground zero , so that the language could recover its meaning. Although the painter sometimes changes his techniques, he always uses pastel shades, light hues, flat surfaces, an essential schematic drawing; his brushwork spreads on homogeneous fields without any smears. This mode allows him to abandon the youthful naturalism of his early years in order to satisfy his literary need of looking for a conceptual support to his expressive output.
Late in the 70s, the artist shifts his focus. On the surfaces of his paintings jutting shapes appear:”Cattaneo’s painting detaches from the wall and enters the surrounding space” Spiazzi says.
Cattaneo has always been attracted by sculpture and he has always practised it besides painting. Early in the 80s , all around the centre of his work there gather fields, roads, a hamlet ,shapes seen throughout a porthole, within “structures”. Geometrical shapes protrude from the surface towards the onlookers; they symbolically get the fine but cold function of an alienated world, where the hamlet is the beating heart of a tale in which human beings save their lives. They are bas-reliefs, with different materials intrused, dialoguing with the painted background; what protrudes towards the onlooker is smooth, sometimes sharp, a bit aggressive in the rhythmical expression . Basically , there’s a relationship between man and nature, the authentic and the civilized man.The artist more and more semplifies his shapes using geometrical and abstract forms , sculptures in the round , which are bound towards the future: Adolescente (1985) made of cypress wood; Riposo (1983) pine wood, they bear both smooth and sharp-cornered surfaces ; Uomo genera uomo and Lotta per la sopravvivenza (1983) sculptures strictly linked to his literary past.
His following production completely parts from the previous one; his sculpture now bears emotional features which were not apparent before:”a fresh happiness” , as Giorgio Seveso wrote in 1990,”so thick and redundant, characterized by a tactile seduction”.
By now ,he is not only a painter but also a sculptor and he lands on a new poetic world made of something organic ; shapes which incorporate life. His vertical figures match the expressive strength of the wood and the smoothness of the artist’s refining , the disharmony of bumps and knobs , the recesses and hollows which stand for the anxious challenge of his contradictions. This way , he leaves his past behind and penetrates a forest of symbols : “a genital physique”(Sergio Gianani, 1991);the archetype of egg, the native cradle of all organic forms.
This is an uneven course, with many breaks, in part due to his being the leader of LuPier Cultural Association in Gardone V.T. which now hosts this anthological show.
Cattaneo’s figures, born in closed oval shapes, tend more and more to the vertical. The landscape is substituted by an outstanding human figure. The wood, its veins and the carving substantiate the artist’s tale and summon emotions; the vertical strain matches his human figure to a bird. Confirming his youth’s premises, Cattaneo focuses on Man, private events (Maternità 1979) dialogue with history and daily life.
His rhythm slows down in the 90s; quite recently he has recovered a new life his sculpture is getting more complex; Maria (1996), L’attesa (1998-99) religious themes and everyday life . He uses different materials, iron, painted resins ,Attesa (2003) and enjoys the pleasure of moulding the materials . The country world disappears, his poetic space focuses on the human person in Figura Femminile (1995,1999) and on life in Amore Materno(2002).Relationships with things and structures carry on a dialogue with the figure in Attesa (2002) establishing a link between man and nature in Proibito(2002) a two-dimensional sculpture made of iron and resins in which a figure mirrors itself. Even the never-forgotten painting as“flat works” speeds up :Fiore (2001) stresses the ‘theatrical’ value of the image and there are some hints at Fontana’s theatre. Cattaneo lets his images emerge from memory, there’s no need to tell a tale, to use symbols, he privileges abstract rhythms so that his work of art is the result of an inextricable network of iconic balances –Omaggio a Piero (1992),or the “flat sculpture” Attraversamento (2003). These are sculptures born between memory and culture and act like filters between himself and the mass of TV virtual images which flood our visual range.
Mauro Corradini Brescia 2003